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Patrizia Saccà, una forza della natura

Di Mario Raffaele Conti e Elia Perboni

 

Ha affrontato e superato sfide difficili per ogni essere umano. A partire da quel 1970 quando – aveva solo 13 anni – un volo di tre metri l’ha privata per sempre dell’uso delle gambe. Da quel momento in poi la sua esistenza è stata sempre in salita. Lei che andava a cavallo, faceva danza, aveva una vita piena, ha fatto i conti con la disabilità fisica propria e con i pregiudizi altrui.

 

E nonostante ciò, con una forza di volontà straordinaria, è diventata una campionessa di tennis tavolo e un esempio per tutti: ha partecipato a due paralimpiadi dove ha vinto un bronzo (nel ’92 a Barcellona), cinque mondiali, 12 campionati europei, ha conquistato 20 titoli italiani.

 

E, dulcis in fundo, è diventata insegnante di yoga.

 «L’incontro con lo yoga è avvenuto nel ’91 quando ho conosciuto il maestro Mario Di Grazia della tradizione tantrica del Kashmir» racconta, «e non è un caso che l’anno dopo abbia vinto il bronzo a Barcellona. Ero molto emotiva e cercavo la quiete di una mente agitata, il silenzio dei pensieri. Inutile dirvi che ho trovato molto di più».

Patrizia è diventata insegnante e non è stato facile nemmeno questo. «Le scuole  mi chiedevano come potessi insegnare io che non avevo l’uso delle gambe», prosegue. «Ho ricevuto tanti “no”, finché è arrivato il “sì” del Csen, Centro sportivo educativo nazionale. È stato per la tesi finale che ho inventato il Saluto al Sole da seduti, pratica che insegno nel mio libro ‘Yoga a raggi liberi’». Surya Namaskara, il Saluto al Sole, è una delle pratiche quotidiane di questa incredibile donna-coraggio. Racconta: «La mattina prima di ogni pratica eseguo la pulizia della lingua, bevo acqua e limone e poi mi siedo sul tappetino. Inizio con il Pranayama e poi medito per una ventina di minuti. Quindi, dopo una doccia, mi dedico al mio Surya Namaskara per circa 15 minuti. Solo allora inizio le mie attività».

 

Il mio Saluto al Sole può essere utile non solo a chi è disabile ma anche a coloro che soffrono di mal di schiena o altre patologie

“Creare la sequenza», precisa, «ha comportato un lavoro enorme, mi sono consultata con un ortopedico e un fisiatra, e alla fine sono nate 12 posizioni in tutto e per tutto equiparabili a quelle tradizionali. Sono diventata insegnante perché parto dal presupposto che lo yoga non siano gli asana.

 

Ci sono tante persone non più giovani che cercano una via sostenibile per la pratica e io ho capito che potevo portare lo yoga a un mondo “normale”, più semplice, all’uomo della strada che non ha un fisico atletico. Se yoga significa “unione”, allora deve essere per tutti, per qualsiasi corpo si abiti e per qualsiasi età si abbia. Sono diventata insegnante perché pensavo che se col mio corpo rotto, con la mia spina dorsale spezzata, ero riuscita a trovare delle soluzioni alla pratica diasana, potevo trasmetterle ad altri».

Prosegue Patrizia Saccà: «Nel mio libro scrivo che il Saluto al Sole è il nostro ritorno a casa e ciascuno può farlo con la forma provvisoria di cui dispone, amando il proprio corpo fino all’ultima cellula.

 

In ognuna di queste cellule c’è l’esistenza divina e questo significa che tutto è Uno e Uno è tutto». Inarrestabile Patrizia. Se dovessimo elencare la sua carriera e la sua attività odierna non basterebbe lo spazio di queste pagine. Ne citeremo alcune: fa parte della giunta del Comitato italiano paralimpico presieduto da Luca Pancalli e anche dell’Associazione Freewhite al Sestriere; insegna a una ventina di persone presso l’Aism, l’Associazione sclerosi multipla; collabora con la Casa dei risvegli di Bologna e insegna anche alle donne con tumore al seno; collabora con Ottostudio, la piattaforma che accoglie persone con e senza disabilità in tutta Italia.

 

Ha fatto sue le parole dell‘Amrita Nada Upanisad: «Guarda le forme manifeste come se fossi cieco, ascolta i suoni come se fossi sordo, considera il tuo corpo come se fossi un pezzo di legno: soltanto allora potrai essere pacificato». Nonostante tanta saggezza, ha conosciuto e conosce ancora la rabbia: «L’ho messa e la metto nello sport», dice, «ma mi ritengo una persona fortunata, ho viaggiato tanto, ho conosciuto molti mondi, sono stata sposata vent’anni, ho vissuto!»

Ho capito che se quella cosa che ti accade la trasformi in forza,la qualità della vita cambia. Oggi la mia giornata è fatta per l’80 per cento di yoga.

 

«Vedete», conclude, «nello yoga che insegno, attraverso il respiro, anche nel muovere solo un braccio posso ottenere tutta l’energia e il benessere possibili. Consapevolezza del corpo che abiti significa questo: collegarsi con il nostro corpo e ringraziare le cellule che lavorano assieme a noi e per noi. Questo porta a una profonda gratitudine per Madre-Terra e Padre-Cielo con cui siamo Uno per il tempo che ci è concesso in questo esperimento di vita».

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