
Yoga Flow, lo yoga per le catene miofasciali
Esplora lo Yoga Flow: l'ampiezza dei movimenti laterali per sperimentare la resistenza, leggerezza, flessibilità e interconnessione del corpo.
di Francesca Cassia e Roberto Milletti
Sommario
Cosa rende così efficace e rigenerante una lezione di Yoga Flow?
Dalle ultime ricerche nel campo del movimento fisico e mentale, sono le sequenze fluide e cadenzate, che interessano il tessuto fasciale del corpo e ci riportano in equilibrio fisico ed emotivo. Il flusso nel movimento yoga è un approccio che basa le sequenze sul rispetto dell’integrazione e connessione di ogni parte del corpo durante il movimento, piuttosto che su una visione riduzionista delle parti.
Cosa è la fascia?
È un tessuto connettivo il che college ogni cellula del nostro corpo. Avvolge, si insinua e mette in contatto tessuti, muscoli ed organi. È composta da vari tipi di proteine del collagene, una fibra flessibile ma più resistente dell’acciaio. La fascia inizia appena sotto la pelle e ha molti strati: è una specie di “colla cosmica” che forma ciò che siamo.
Una ragnatela viscosa che connette il tutto e ci rende consapevoli che la postura si basa sul concetto di tensione e tensegrità: le ossa, le articolazioni fluttuano in questa ragnatela dove la resistenza e la flessibilità dell’insieme supera di molto la resistenza delle singole parti che lo compongono.
La tensegrità: l’arte dell’equilibrio dinamico nel corpo
Il termine tensegrità — fusione di tensione e integrità — fu coniato nel 1960 dall’architetto visionario Buckminster Fuller, per descrivere strutture architettoniche in cui elementi rigidi e flessibili collaborano in perfetto equilibrio.
Negli anni successivi, questo concetto è stato applicato anche al corpo umano, che può essere visto come una straordinaria struttura di tensegrità vivente: le ossa agiscono come pilastri rigidi, mentre il sistema miofasciale (muscoli e fasce) costituisce la rete elastica che distribuisce e armonizza le tensioni.
Nel corpo, ogni variazione di tensione — ad esempio in una spalla — si propaga in tutto il sistema, fino al gluteo opposto o alla caviglia controlaterale. Nulla si muove da solo: ogni gesto è globale, ogni parte comunica con l’altra attraverso una danza di forze in equilibrio. Come esemplificato nell’articolo sui Piedi nello Yoga.
È questo principio a rendere lo Yoga Flow una pratica tanto efficace: il movimento fluido lungo le catene miofasciali non agisce su un singolo muscolo, ma sull’intera architettura corporea, restituendo continuità e leggerezza al gesto.
Le strutture di tensegrità, nel corpo come in architettura, possiedono qualità uniche:
- Resilienza: l’insieme è più forte della somma delle singole parti.
- Leggerezza: un sistema teso ma non rigido pesa meno e reagisce meglio agli stress.
- Flessibilità: può cambiare forma senza perdere integrità.
- Interconnessione: ogni parte dialoga costantemente con le altre, creando una comunicazione bidirezionale continua.
Come una cupola geodetica di fili elastici sospesa nell’aria, anche il nostro corpo si regge su una geometria di tensioni bilanciate: più la rete è viva e flessibile, più il movimento diventa fluido, stabile e armonioso
Le qualità della fascia nel movimento fluido
Nel corpo umano, la fascia — il tessuto connettivo che avvolge muscoli e organi — reagisce in modo sensibile al cambiamento di temperatura.
Temperatura
Quando fa freddo o restiamo fermi a lungo, la fascia diventa più rigida e perde elasticità; ma con il calore generato dal movimento, come nello Yoga Flow, torna progressivamente morbida e flessibile, permettendo un’espansione naturale del raggio di movimento.
Movimento
Durante la pratica, le fibre di collagene si comportano come un sistema intelligente: se la tensione è mantenuta dolcemente nel tempo, il tessuto si adatta e si allunga; se invece il carico è improvviso o eccessivo, la fascia tende a tornare alla forma iniziale, limitando la fluidità del gesto.
Per questo il ritmo del respiro e la continuità del flusso sono fondamentali nello yoga: aiutano a scaldare i tessuti profondi, favorendo il rilascio delle tensioni e una distribuzione armoniosa delle forze lungo le catene miofasciali.
Un semplice esercizio

Per farci percepire questa connessione: sdraiandoci supini, con le ginocchia flesse, e respirando lentamente, possiamo osservare come coccige e testa si muovano insieme — avvicinandosi con l’espirazione e allontanandosi con l’inspirazione.
Questo micro-movimento, che coinvolge la fascia profonda, libera il diaframma, distende la colonna vertebrale e porta un profondo rilascio fisico ed emotivo.
È in questo spazio di ascolto che lo Yoga Flow diventa una pratica di armonizzazione: il corpo respira, la fascia si muove, la mente si quieta.
La catena miofasciale laterale nel movimento fluido

Nel modello dei meridiani miofasciali proposto da Thomas Myers, la catena laterale collega l’intero profilo del corpo, dal piede alla testa, creando continuità tra il movimento e la percezione dello spazio.
Nel contesto dello Yoga Flow, questa linea di forza ci ricorda la nostra origine acquatica: un corpo fluido, sinuoso, capace di respirare lateralmente e adattarsi al movimento come un’onda.
La catena miofasciale laterale lavora per stabilizzare il corpo durante i piegamenti e le torsioni, resistendo ai movimenti del lato opposto. Coinvolge muscoli e fasce che attraversano anche i glutei: dove il corpo regola il proprio baricentro e la mobilità tridimensionale.
Quando questa linea è elastica e ben idratata, favorisce una postura stabile ma dinamica, e un atteggiamento interiore aperto al cambiament.
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La sequenza di Yoga Flow
In questa sequenza di Yoga Flow, proponiamo tre modi ( A, B, C ) per sperimentare la fascia laterale adatte a qualsiasi livello di pratica.
Questo implica assecondare un ritmo naturale — né troppo rapido né statico. I tessuti fasciali necessitano di tempo per rispondere: un flusso lento e consapevole consente alla fascia di percepire, adattarsi e rilasciare tensioni profonde. Non si tratta di preferire la staticità alla dinamicità, ma di educare il corpo a nuove forme di movimento, partendo dall’ascolto.
La fascia, infatti, funziona come una molla intelligente: accumula e rilascia energia cinetica attraverso le aponeurosi e i tendini, rendendo il corpo più reattivo, scattante e agile.
Quando il movimento è continuo e integrato, la linea laterale diventa un vero canale di comunicazione tra stabilità e libertà, tra forza e grazia.
A

Seduto comodamente, anche su una sedia se non riesci in Padmasana, porta le mani sulle spalle. I gomiti si radicano a terra creando una decompressione dei trapezi e dello sternocleidomastoideo.
Respira e rilassa, alternando più volte sui due lati.

Parti dal “addome” – centro di gravità del corpo, 3 dita sotto l’ombelico e 3 dita in profondità – In espirazione, solleva il braccio sopra la testa formando un arco.
La mano che è al suolo si radica e estende al contempo. Il fianco destro estendendosi crea spazio anche nel lato opposto
B

Torna in quadrupedia, e inizia il movimento dal coccige, crea un arco arrotondando la schiena verso sinistra. Le mani “tirano” la terra verso le ginocchia e verso l’alto, distendendo intensamente gli intercostali interni ed esterni e quindi la fascia laterale.

Esegui twist con le ginocchia che non toccano il pavimento, mantenendo l’estensione assiale attiva. Stira le fasce addominali e il peroneo creando una decompressione lombare e diaframmatica. Ripeti sui due lati, piu volte.

La panca laterale semplificata. raggiunta dalla posa precedente, diviene stabile e allunga la banda ileotibiale, con grande beneficio della stabilità della postura e del gluteo. Alterna i lati e lasciati attraversare dalla potente stabilità che irradia dal centro.
Cambia Lato
C

Da Uttanasana, porta la tibia destra a terra, sedendo sul tallone e mantenendo l’altro ginocchio a 90 gradi. Mantieni la spinta del centro di gravità verso il cielo per non perdere allineamento fisico e energetico. Le mani tirano verso i lati del corpo e aiutano le spalle a non divenire pesanti. Lasciati respirare, sentendoti attivo e reattivo, ma non in tensione

Per finire il lavoro sulla fascia laterale, torna ad eseguire un arco con il braccio sopra il capo, consapevole che il movimento è iniziato dal centro di gravità.
Radicamento, estensione e centratura concorrono alla fluidità dei movimenti e a quel senso di osservazione avventurosa che ci spinge oltre il conosciuto.
Autori

Roberto Milletti
Co-fondatore di Odaka Yoga, è un maestro di fama internazionale che unisce yoga, arti marziali e filosofia Zen in un flusso armonioso e trasformativo. Riconosciuto da Om Yoga Magazine UK come uno dei principali innovatori dello yoga contemporaneo, diffonde il metodo Odaka in festival e scuole di tutto il mondo. Ex campione europeo di karate, integra disciplina e grazia in una pratica che libera il corpo e apre alla consapevolezza interiore.
Francesca Cassia
Co-fondatrice di Odaka Yoga, è tra le insegnanti più apprezzate nel panorama internazionale dello yoga contemporaneo. La sua ricerca integra yoga, filosofia Zen e scienza del movimento, dando vita a una pratica fluida e rigenerante ispirata al moto dell’oceano. Con grazia e profondità, guida praticanti e insegnanti verso una consapevolezza che unisce corpo, mente ed emozione, promuovendo equilibrio, libertà interiore e un dialogo continuo tra stabilità e trasformazione



