
Meditazione Vipassana e il Cammino Interiore: la Saggezza di Corrado Pensa
Corrado Pensa, maestro di meditazione Vipassana, esplora la pratica della "chiara visione" come via per la liberazione dalla sofferenza, intrecciando insegnamenti buddhisti e psicologia per una profonda trasformazione interiore.
Corrado Pensa è stato uno dei principali insegnanti italiani di Meditazione Vipassana, pratica che ha contribuito a diffondere in Italia con dedizione e profondità. Con un passato da docente di filosofia e psicologia alla Sapienza di Roma, ha integrato la sua formazione accademica con un profondo percorso spirituale. È stato anche un importante punto di riferimento per il Centro di Meditazione Vipassana a Roma (AMECO), offrendo insegnamenti che intrecciano saggezza buddhista e psicologia. Pensa è apprezzato per il suo approccio compassionevole e diretto, volto a guidare i praticanti verso una comprensione profonda della realtà e della mente.
Yoga Mind – Come definirebbe Vipassana?
Corrado Pensa – La meditazione di Vipassana, o “chiara visione”, è parte cruciale dell’insegnamento del Buddha, ove essa è considerata lo strumento principe per raggiungere la liberazione dalla sofferenza. Tale meditazione si propone anzitutto di coltivare un’attenzione intenzionale che si rivolge momento per momento a ciò che sorge nel presente: sensazioni fisiche, moti di avversione e di attaccamento, emozioni, immagini, fantasticherie, frequenti ruminazioni mentali. Dunque un’attenzione intenzionale e attiva in contrasto con l’attenzione comunemente intesa che si accende per scopi specifici (fare un lavoro, capire un discorso, seguire un film). Questo tipo di attenzione intenzionale viene esercitata sia nella meditazione formale, sia nella meditazione in azione. Essa si prefigge una graduale depurazione della mente da quel capillare inquinamento prodotto da avversione, attaccamento e confusione mentale, ossia dalle cause fondamentali del disagio esistenziale. In questo modo diventa possibile sviluppare, altrettanto gradualmente, la chiarezza mentale e il calore del cuore.
Che differenza c’è fra concentrazione e attenzione dunque?
La concentrazione è attenzione focalizzata e serve a costituire un fondamento di maggior stabilità e calma mentale. Una volta costruito tale fondamento, l’attenzione, o consapevolezza, deve farsi più diffusa, più flessibile e, soprattutto, più penetrante. In modo da sfociare in una comprensione via via più rilassata e compassionevole dei disagi grandi, piccoli e minimi del nostro quotidiano.
Quali sono le differenze con il pranayama, visto che anche nella Vipassana la respirazione è un elemento fondamentale?
Nel pranayama, come la stessa parola sanscrita dice, si controlla il respiro. Nella modalità più diffusa della Vipassana il respiro, invece, si segue così com’è. Inoltre il respiro è solo uno dei supporti meditativi possibili: parti del corpo, reattività emotiva, suoni, etc., sono per esempio alcuni dei molti altri.
Quali sono le modalità pratiche della meditazione Vipassana?
Nella maggior parte degli stili di Vipassana i modi formali di praticare sono due: seduti con la schiena eretta e gli occhi chiusi o socchiusi oppure in camminata lenta e consapevole, con gli occhi aperti. Poco coltivata in Occidente ma diffusa, invece, nel sudest asiatico, la meditazione in piedi da fermi.
Non occorre essere buddhisti per praticare la Vipassana?
Sono d’accordo, però è necessario entrare un minimo nella questione. “Essere buddhisti”, nel senso di essere dogmaticamente sicuri della superiorità del buddhismo, è una forma di ciò che il Buddha chiamava “attaccamento alle opinioni e ai punti di vista”. Quindi mi pare che, fino a quando non abbiamo deposto questa presunzione, non siamo nemmeno entrati nel cammino del Buddha.
Se si segue appassionatamente il cammino interiore indicato dal Buddha, fondato su etica, meditazione e saggezza compassionevole, allora il fatto che ci si dica buddhisti o meno mi sembra irrilevante. Ci sono oggi in Occidente cristiani che percorrono la via del Buddha con molta più serietà di un buddhista “ideologico” e appagato dalle sue credenze.
In realtà la questione di fondo è da sempre un’altra: fino a che punto vogliamo dare priorità assoluta al cammino interiore lasciando così che esso riorienti radicalmente la nostra vita?