
Yoga per lo stomaco
di Swami Joythimayananda
Lo stomaco è il principale organo dell’apparato digerente: un piccolo cervello dotato dell’intelligenza necessaria per gestire il cibo che mangiamo. La sua forma è simile a quella di un sacco allungato come la lettera “j”, lungo circa 20 cm: il suo spazio vuoto è interamente predisposto ad accogliere il cibo in entrata e ha la capacità di contenerne una quantità pari a quello che può essere racchiuso nelle nostre due mani. Lo stomaco è connesso in alto con l’esofago, in basso con l’intestino tenue; viene convenzionalmente suddiviso in cinque regioni (fondo, cardias, corpo, antro e piloro) e svolge il processo di digestione continuativa in una o due ore, a seconda della quantità e della qualità del cibo che viene ingerito.
Il processo di elaborazione
Liquidi vischiosi chiamati succhi gastrici (Kledaka Kapa), che si trovano nel fondo e nel corpo dello stomaco, hanno il compito di trasformare il cibo in chimo (Posaka Kapa), un bolo semisolido. Oltre ai succhi gastrici, ci sono altri due strumenti che agiscono nell’apparato digerente: Samana Vata, lievi movimenti muscolari che favoriscono lo sminuzzamento dei cibi nello stomaco, e Pachaka Pita, enzimi digestivi necessari per assimilare il nutrimento. Nello stomaco avviene la prima fase di digestione e di assimilazione del cibo, che riguarda in prevalenza zuccheri e carboidrati: il nostro corpo assorbe infatti per primo il gusto dolce, che va a nutrire Kapa Dosha. Nella seconda fase della digestione, il cibo si trova all’interno dell’intestino tenue, dove vengono assimilati grassi e proteine: il cibo assume qui un gusto acido, che ha la funzione di nutrire Pita Dosha. La terza e ultima fase di assimilazione avviene nel colon, dove vengono digeriti vitamine, minerali e il residuo del cibo, che prende un gusto pungente e nutre Vata Dosha. Ne consegue che quando il cibo rimane più a lungo nello stomaco, per esempio durante un’indigestione, aumenta Kapa, se sosta più a lungo nell’intestino tenue fermenta causando un aumento di Pita, mentre se rimane più a lungo nel colon aumenta Vata, causando stitichezza.
Assimilare ed eliminare
Il fuoco digestivo, chiamato Agni, ha la responsabilità di “mulinare” il cibo al fine di assorbirne i valori nutrizionali. Un Agni bilanciato favorisce chiarezza mentale, forza fisica e il mantenimento dell’energia; quando è in squilibrio assistiamo, invece, a una cattiva digestione, che ha come conseguenza l’accumulo di tossine (Ama) nello stomaco, causa principale di vari disturbi come indigestione, nausea, meteorismo, gastrite, reflusso, ulcera, tumori allo stomaco. “Siamo ciò che mangiamo” è un’affermazione veritiera, ma ancor più vero è: “Siamo ciò che digeriamo”.
Purificarsi secondo l’Ayurveda
La pratica in assoluto più efficace per purificare lo stomaco in profondità è quella del vomito terapeutico (Kunjal), ma per eseguirla si consiglia la presenza di un esperto in medicina ayurvedica. Al mattino presto, a stomaco vuoto, si bevono velocemente circa sei tazze di acqua medicata con liquerizia, sale, randia spinosa, calamo aromatico e latte tiepido per riempire lo stomaco fino al suo limite, quindi ci si piega con il busto in avanti e con due dita si preme la radice della lingua per stimolare il riflesso del vomito: tutto il liquido contenuto nello stomaco verrà rilasciato rapidamente. Questa pratica dura circa 10 minuti e procura una sensazione di grande leggerezza. La quantità di liquido necessario per riempire lo stomaco può variare in base alla persona: ai più piccoli bastano circa quattro bicchieri, mentre individui con uno stomaco molto grande possono richiedere dagli otto ai dieci bicchieri. Per alcuni questa pratica è molto semplice, mentre altri hanno difficoltà poiché avvertono resistenza psicologica.