La tua vera voce
di Maurizio Morelli
Quasi tutte le creature terrestri e anche alcune tra quelle acquatiche hanno la capacità di generare suoni specifici utili a trasmettere informazioni. La maggior parte delle specie usa l’apparato fonatorio, ma in alcuni casi i segnali sonori sono prodotti con parti del corpo, come ad esempio fa il crotalo con la sua coda. Questi suoni hanno caratteristiche ripetitive e un significato preciso e semplice, che è istintivamente compreso dai membri della stessa specie e talvolta anche da altre, come nei suoni che indicano aggressività e quindi invitano a tenersi a distanza. Caratteristica peculiare della specie umana è invece l’uso di linguaggi simbolici, formati da suoni significanti, che sono poi le parole che noi usiamo per comunicare. Ma ci sono anche suoni spontanei, come urlare, gemere, singhiozzare, ridere e altro. Il valore e il senso di tali suoni è una questione culturale e richiede apprendimento. Ma è l’atto di parlare a rappresentare il principale utilizzo che noi facciamo del nostro apparato fonatorio. Si tratta di un grande potere che ci consente, seppur in modo imperfetto, di relazionarci e dare un volto e un abito ai nostri pensieri, facendoli diventare parte di una realtà condivisa. La voce è uno degli strumenti più importanti tra quelli usati dall’anima per manifestarsi; le parole pronunciate esprimono pensieri, mentre il tono e l’enfasi della voce proviene da l mondo delle emozioni e dai sentimenti.
La voce dello yoga
Se il comunicare attraverso parole è sicuramente un grande dono e un’immensa potenzialità, non possiamo nasconderci i rischi che un tale potere, come ogni altro, nasconde. La parola può unire e favorire la comunicazione, ma è altrettanto vero che molto spesso viene usata per confondere, ingannare, ferire e dividere. Quello di cui spesso non ci rendiamo conto è che, nel momento in cui mentiamo, usiamo il potere della parola in senso distruttivo, creando una frattura, una scissione dentro di noi ancora prima che nel mondo circostante. Questa non è un’affermazione moralistica, ossia un adeguamento a modelli comportamentali ritenuti socialmente corretti. È qualcosa di più profondo e per capirlo meglio scomodiamo lo yoga e la sua filosofia.
Satya, la sincerità, l’astensione dalla menzogna e dalla falsità, è uno degli Yama o precetti fondamentali indicati negli Yoga Sutra di Patañjali come elementi fondanti della pratica. Se sai o pensi una cosa e ne dici un’altra, stai creando una scissione: come potresti aspirare all’unità dello yoga? Alla base di questa logica ci stanno però motivazioni ancora più profonde: la parola, ogni parola che noi pronunciamo, altro non è se non una variazione del primo suono, il Pranava Mantra Om, emanazione ma anche sostanza del divino. Ogni menzogna e falsità diventa bestemmia, un atto contro Dio e il Creato.
Altre argomentazioni ci invitano a un uso prudente e consapevole del nostro apparato fonatorio. L’uso sconsiderato delle parole rappresenta un gesto di confusione; l’unica parola e suono che veramente ci riavvicina allo Spirito Supremo è Om, il suono e la parola “primordiale” la cui reale natura può essere compresa solo nel momento in cui andiamo oltre il suono udibile, in cui riusciamo a coglierne la vibrazione segreta. Forse per questo in molti ordini religiosi vige la pratica del silenzio.
Un ritorno alle origini
All’origine della creazione c’è una vibrazione spirituale, espressa verbalmente anche se imperfettamente dal suono Om; da questa prima vibrazione si sviluppa tutta la varietà del creato di cui anche le parole e ogni suono pronunciato o pensato fanno parte. Le parole e i suoni hanno, perché vibrazioni, una maggiore familiarità e vicinanza con il suono primordiale in ogni aspetto del creato. È una cosa che può essere provata, un gioco che sicuramente tutti hanno fatto da bambini. Avvicinate, in un ambiente rumoroso, una conchiglia (o qualsiasi recipiente con forma concava) all’orecchio, e sentirete un suono profondo, una Ommm, come il suono lontano del mare in burrasca. Se fate la stessa cosa in un ambiente totalmente silenzioso, non sentirete nulla. Il suono che sentite nella conchiglia è l’essenza di ogni suono, l’Om primordiale, che torna a emergere nel momento in cui i suoni si decompongono. Lo sfaldamento delle caratteristiche temporali fa emergere la qualità assoluta, che è ferma e stabile oltre il tempo, ed è semplicemente Om, il suono sacro, espressione ed essenza dello Spirito.
Anatomia della voce
La facoltà di esprimere pensieri attraverso parole, ovvero di dare voce all’anima, è il frutto di adattamenti e volutivi dell’apparato respiratorio e quindi anche della laringe. Circa 2 milioni di anni fa, la “fabbrica della voce” si pone, secondo gli esperti, in posizione più bassa rispetto alla collocazione precedente: questo per favorire una migliore risonanza e quindi la produzione di suoni. La riduzione della mandibola dà alla lingua un’ampia mobilità ed è il secondo elemento evolutivo che ha reso il linguaggio sempre più articolato e preciso. Il terzo elemento è la capacità di astrazione, che ha moltiplicato esponenzialmente le necessità espressive. Il sistema nervoso si è adeguato e, nella parte frontale del cervello, si sono sviluppate un’area specifica dedicata alla elaborazione del linguaggio, detta area di Broca, e un’area dedicata alla comprensione, detta area di Wernike.
La fonazione umana è un atto complesso, che coinvolge corpo e psiche.
- Il sistema respiratorio, formato da naso, faringe, laringe, trachea, bronchi e polmoni, è il motore della voce e fornisce sia l’energia per la produzione del suono che il mezzo di trasporto.
- La laringe è il luogo della voce e, provenendo dalla faringe, si continua nella trachea. Ha forma cilindrica ed è formata da nove segmenti cartilaginei di cui i più importanti sono la cartilagine tiroidea, l’epiglottide che chiude l’apertura superiore della laringe quando il cibo viene deglutito e la cricoide in cui sono contenute le corde vocali, che sono due e possono essere considerate le madri del suono parlato e cantato.
- I risuonatori, in particolare l’apparato boccale ma anche il capo, il tronco, il diaframma, l’insieme del corpo e la sua postura.
- La lingua che, assieme alle labbra, permette di rifinire e precisare i suoni. Il movimento della lingua nella bocca è spesso paragonato a un coito virtuale che, attraverso le parole e i pensieri che esse rappresentano, genera infiniti mondi.
Ajapa Mantra Pranayama: “Io sono quello”
La scienza del Mantra è la ripetizione della sacra sillaba Om, a cui possono essere aggiunti altri suoni o parole significanti, dotate di particolari vibrazioni. Mantra significa specialmente “protezione della mente” e il suo primo obiettivo è il sostituirsi al chiacchierio mentale, potenziando inoltre la capacità di ascolto, di rinuncia e di silenzio. L’ascolto è indispensabile per individuare le vibrazioni sempre più sottili; per rinuncia si intende quella intellettuale, ovvero accettare come reale il fatto che non siamo noi l’origine del Suono Sacro, ma che esso è già dentro di noi come in ogni luogo; il silenzio è l’unico luogo in cui è possibile realizzarlo completamente.
L’esercizio che vi proponiamo favorisce l’identificazione con il Sé spirituale che risiede nel cuore. Tracce, descrizioni e approfondimenti possono essere trovati in testi classici dello Hatha Yoga come Gheranda Samhita e Hathayogapradipika.
«Il respiro di ogni persona genera, entrando, il suono di ‘Sah’ e, uscendo, quello di ‘Ham’. Questi suoni uniti fanno So ‘Ham (‘io sono Lui’, la suprema identificazione con Atman, il principio o sostanza spirituale)». (Gheranda Samhita, V, 84)”
Ajapa è il Mantra senza parole: ogni essere umano, respirando, ripete questo Mantra ininterrottamente, anche se inconsapevolmente. È una vibrazione assolutamente personale, che rende possibile l’accesso alla vera natura della propria individualità.
Preparazione
- Per la pratica, scegli un luogo silenzioso.
- È richiesto un profondo rilassamento muscolare e un completo abbandono.
- Se riusci a mantenerla senza sforzo scegli una posizione seduta, altrimenti sperimenta in posizione supina.
- Usando i pollici, chiudi le orecchie con una leggera pressione; questo ti permetterà di isolarti meglio e di percepire con maggiore chiarezza i suoni interni.
Esecuzione
- Inspira ed espira per 2-3 minuti. Focalizza l’attenzione sul suono che il respiro produce in gola entrando e uscendo.
- Inspira pronunciando mentalmente il suono ‘Sah’.
- Espirando pronuncia mentalmente ‘Ham’ e rimani attento al suono prodotto dal respiro in gola.
- Prosegui in questo modo per 5 minuti. La formula ‘Sah’ (inspirazione) e ‘Ham’ (espirazione) va ripetuta una sola volta per ogni atto respiratorio.
- Sposta ora l’attenzione dalla zona della gola a quella del cuore. Sospendi la ripetizione mentale del Mantra e continua a respirare, concentrandoti sul suono che il respiro produce entrando e uscendo. Cerca di creare la sensazione di entrare in un grande spazio vuoto.
- Prosegui fino a quando riesci a mantenere salda la concentrazione.
Al termine della pratica, concediti ancora un breve rilassamento ed evita di parlare per alcuni minuti, perché l’energia è molto interiorizzata. Questo Ajapa Mantra crea uno stato di profonda beatitudine e ci mette in contatto con la purissima energia dell’Atman, il Sé spirituale, che è come una fiamma che brilla in un luogo senza vento.