Fegato, il vaso dell’energia
di Swami Joythimayananda
Come la Madre Terra converte il seme in una bella pianta, in fiori e frutti, allo stesso modo il fegato converte il cibo in coscienza, energia vitale, pensieri, emozioni, sensazioni fisiche. Situato nella cavità addominale, sotto il diaframma, è l’organo più grande del corpo umano (pesa circa 3 kg e ha una dimensione di circa tre pugni). In sanscrito viene chiamato Yakrit e, grazie alla sua capacità di rigenerarsi da solo, in Ayurveda rappresenta l’elemento Terra.
Questa grande ghiandola, composta prevalentemente di tessuti sanguigni, è un vero e proprio laboratorio alchemico in grado di trasformare il cibo in energia: converte lo zucchero in eccesso (glucosio) in glicogeno per permettere al corpo di assimilarlo (per poi riconvertirlo nuovamente in glucosio ogni volta che l’organismo ne ha bisogno) e, quando il “magazzino” di glicogeno è pieno, converte il glucosio in grasso. Il fegato ha un ruolo importante anche nella digestione: regola il metabolismo e produce diverse secrezioni che trasportano la bile all’intestino per favorire l’assimilazione delle sostanze nutrienti da parte del corpo attraverso il sistema circolatorio. Ma le funzioni di quest’organo non finiscono qui: filtra le sostanze nocive e demolisce le tossine, è responsabile del colore del sangue e della qualità del nutrimento portato ai tessuti. Per questo, il lavoro del fegato si riflette nello stato psicofisico globale: determina la vitalità (Prana), la luminosità (Tejas), la forza (Ojas), la felicità (Ananda) e la longevità (Kayakalpa) della persona. Il sapiente in Ayurveda riesce a valutare lo stato di salute del fegato e la sua capacità di trasformare l’energia dei cinque elementi con un tocco profondo del dito medio sul polso destro del paziente (equivalente di una moderna analisi delle transaminasi, enzimi di cui le cellule del fegato sono molto ricche).
Quando soffre, va purificato
Il fegato subisce prevalentemente problemi di Pita Dosha, di cui è una delle sedi più importanti (chiamata Ranjaka Pita). Quando perde il suo equilibrio, il sangue diventa tossico e prova a espellere tossine attraverso la pelle: da qui nascono disturbi quali acne, ulcere di pelle, prurito, psoriasi, orticaria… Secondo l’Ayurveda, il fegato è responsabile anche delle malattie del metabolismo e del sangue, come epatiti, ittero e cirrosi. La principale causa di sofferenza epatica è la cattiva alimentazione, dovuta soprattutto all’assunzione in eccesso di cibi fritti, grassi animali, formaggi, cibi industriali, additivi, coloranti, zucchero e sale, bevande gassate. Anche lo stile di vita ha una potente influenza su quest’organo: stress, fatica, arrabbiature, tensioni, gelosia, odio, ansia, vittimismo, eccesso di desideri e di polemiche lo affaticano. Il cibo non digerito, così come un’indigestione emozionale o intellettuale, creano un deposito non assimilato che appesantisce ulteriormente il fegato. Secondo l’Ayurveda, è fondamentale dunque sottoporsi periodicamente al trattamento di purificazione profonda chiamato Panchakarma.
Le tre regole per avere (buon) fegato
➊ Mangiare bene. A questo fine è ideale seguire una dieta che preveda l’assunzione di cibi rinfrescanti caratterizzati dal gusto dolce, amaro e astringente. In questa direzione, sono particolarmente adatti: frutta dolce, riso, latte, burro medicato (ghee gruta), cereali e verdura.
➋ Riposare. È consigliabile andare a letto prima delle 10 di sera, poiché il fegato deve riposare e smaltire le tossine in accumulo. Stare svegli fino a tardi può rallentare sensibilmente il metabolismo e contribuire all’aumento del peso corporeo e delle emozioni negative.
➌ Praticare yoga. La pratica al mattino presto di Yogasana (in particolare il Saluto al Sole) e di Pranayama, e una meditazione regolare (mattina e sera) favoriscono la salute e la felicità del fegato.