
di Emina Cevro Vukonic
Illustrazioni tratte da “Ocean of Life” – Bahr’ Al Hayat, testo anonimo persiano del sedicesimo secolo, prima rappresentazione sistematica degli asana
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Yoga e Islam
A Delhi, presso la Guru Gobind Singh Indraprastha University, è possibile visitare la biblioteca di Dara Shikoh, oggi museo. Questo principe musulmano (1615-1659), noto per aver tradotto e divulgato in persiano testi vedici e yogici, è una figura centrale per una riflessione sul tema Yoga e Islam.La biblioteca, con i suoi colonnati Moghul di pietra rossa, è un esempio tangibile dell’intreccio tra queste due tradizioni culturali. Tuttora, alcune confraternite sufi praticano forme di yoga, testimoniando un legame storico profondo.
Le prime incursioni islamiche in India risalgono al primo secolo dopo la morte del Profeta Maometto (570 circa – 632 d.c ), e per secoli il persiano fu la lingua colta dell’India, dapprima sotto i sultanati e poi sotto i Moghul. Gli studiosi attribuiscono proprio alla cultura islamica, con il suo cosmopolitismo, il merito di aver permesso la diffusione dello yoga anche in Occidente.
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La trasmissione dello yoga in ambito islamico
Stefano Pellò, Vicedirettore del Master in Yoga Studies dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha approfondito il legame tra yoga e Islam. Pellò, studioso di letteratura indo-persiana e sufismo, racconta che il suo interesse per lo yoga è nato tardi nella carriera accademica, quando ha scoperto che gran parte della trasmissione della cultura yogica moderna deriva dal contesto indo-persiano.
Fino all’Ottocento, infatti, le traduzioni persiane dei testi vedici, come quelle del principe Dara Shikoh, hanno mediato la comprensione occidentale dello yoga. Ad esempio, il filosofo Schopenhauer studiò i testi sacri indiani attraverso traduzioni latine derivate dalle versioni persiane. Questo processo di traduzione, però, non era neutrale: reinterpretava i testi sanscriti in chiave sufi, rendendoli più comprensibili per una cultura monoteista.
Le pratiche yogiche nelle confraternite sufi
Le influenze yogiche sono particolarmente evidenti nel sufismo, la corrente mistica dell’Islam. La prima rappresentazione sistematica degli asana si trova in un testo persiano del XVI secolo, il Bahr’AlHayat (L’oceano della vita). Questo manuale non filosofico, ma pratico, raffigura e spiega gli asana, ed è stato ampiamente diffuso nel mondo islamico, con copie ritrovate a Damasco, Istanbul e nei Balcani.
Le tecniche di controllo del respiro (pranayama) hanno avuto un impatto particolarmente profondo sul sufismo. Un’enciclopedia del XIV secolo, il Nafa’is al-funun, dedica un capitolo alla “scienza del respiro”, definendola come una disciplina indiana adottata dai sufi. Nei luoghi di ritrovo delle confraternite, chiamati tekie, lo yoga era una pratica integrata con il percorso mistico sufi.
Lo yoga oggi nei paesi islamici
Anche in epoca moderna, lo yoga mantiene una presenza significativa nei paesi islamici. In Iran, Turchia, Malesia e Nord Africa, la pratica suscita interesse, soprattutto tra le classi sociali più colte. Tuttavia, per evitare conflitti con le credenze religiose, lo yoga viene spesso interpretato come un’attività fisica o meditativa, senza riferimenti a tematiche spirituali indù.
Negli anni ’70, il fenomeno dei figli dei fiori e l’immaginario sull’India hanno coinvolto anche le società islamiche, portando a una riscoperta dello yoga. Alcune confraternite sufi, in particolare in Pakistan, continuano a praticare sia gli asana che il pranayama, adattandoli alla propria visione mistica.
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Conclusione: un incontro tra oceani mistici
Il dialogo tra yoga e Islam si riflette nella figura di Dara Shikoh, che nel suo Majma ul-Bahrain (L’unione dei due oceani) esplora le similitudini tra sufismo e vedanta. Entrambe le tradizioni condividono una visione monista, in cui l’individuo è una parte del grande oceano dell’esistenza.
Tuttavia, la storia complessa dello yoga nell’Islam è stata in parte oscurata dall’interpretazione occidentale, che ha enfatizzato una separazione tra tradizioni indù e islamiche. Oggi, riscoprire questo legame ci invita a riflettere sulla ricchezza delle contaminazioni culturali e sul valore dell’integrazione tra spiritualità diverse.