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T. K. Sribhashyam: il Maestro che ha Diffuso lo Yoga Classico in Occidente

Il profilo di T. K. Sribhashyam, maestro di yoga e figlio di T. Krishnamacharya, che ha diffuso lo yoga classico in Occidente, offrendo un percorso spirituale e autentico attraverso i suoi insegnamenti e le sue opere.

di Emina Cevro Vukovic

 

T. K. Sribhashyam è stato un influente maestro di yoga, conosciuto per il suo approccio autentico e profondo alla pratica yogica. Figlio di T. Krishnamacharya, noto come il “padre dello yoga moderno”, e fratello di T.K.V. Desikachar, Sribhashyam ha ereditato una tradizione ricca che ha condiviso con migliaia di praticanti in tutto il mondo. Nato in India, Sribhashyam fu formato dal padre sin da giovane, apprendendo non solo asana (posture) e pranayama (tecniche di respirazione), ma anche la filosofia spirituale che costituisce il cuore dello yoga.

  • Il Lignaggio e l’Insegnamento di T.K. Sribhashyam

Negli anni ’70, Sribhashyam si trasferì in Europa, dove iniziò a diffondere gli insegnamenti dello yoga classico, fondando scuole e trasmettendo una visione olistica della disciplina. Con il suo metodo, Sribhashyam presentava lo yoga come un percorso che abbraccia corpo, mente e spirito, mettendo in evidenza la pratica degli asana, la respirazione, la meditazione e lo studio delle scritture. La sua didattica, attenta e delicata, guidava ogni allievo verso una comprensione personale e autentica dello yoga, valorizzando la crescita interiore.

  • La Filosofia e la Letteratura Yogica

Sribhashyam era particolarmente impegnato nella trasmissione dei Yoga Sutra di Patanjali e delle scritture vediche, considerate essenziali per una visione completa dello yoga. Tra i suoi contributi alla letteratura yogica figurano opere come “Yoga: Un Tesoro di Vita” e “Il Cuore dello Yoga”, testi di grande successo in Europa che rispecchiano la sua dedizione a mantenere viva l’autenticità dello yoga tradizionale.

  • L’Eredità Spirituale di T.K. Sribhashyam

Sribhashyam incarnava i valori del lignaggio di Krishnamacharya con umiltà e integrità, vivendo lo yoga come un mezzo di trasformazione interiore. Il suo insegnamento non si limitava alla pratica fisica, ma invitava i praticanti a esplorare la dimensione spirituale e a intraprendere un percorso di crescita personale. La sua eredità, basata su una vita di dedizione e integrità, resta una risorsa preziosa per i praticanti di yoga in tutto il mondo.

 

  • Intervista a T.K. Sribhashyam

Nel suo insegnamento, le lezioni si aprono e si chiudono con il Pranayama e il tempo a esso dedicato è molto ampio.

Considero in generale che un terzo della pratica sia Pranayama: se una persona aumenta i tempi di mantenimento delle asana, deve aumentare i tempi del Pranayama. Troppe asana rischiano di ancorarci al corpo fisico, il Pranayama ci tiene svegli, ci ricorda lo scopo spirituale della nostra pratica.

Il primo Pranayama da apprendere è Nadi Shodhana Pranayama, il respiro a narici alternate?

Negli antichi testi vedici viene nominato Nadi Sodhana Pranayama, gli altri Pranayama sono posteriori e sono stati pensati per purificare il corpo. Io spesso mi chiedo perché molti insegnanti, anche in India, oggi non insegnino il Pranayama. Forse un tempo era per il desiderio di tenerlo segreto ai dominatori inglesi. Oggi alcuni dicono che prima bisogna apprendere le asana, ma se aspetti quindici anni per saper fare tutte le asana, quando mai lo praticherai? Noi respiriamo ogni giorno! Eppure in India è chiaro il suo ruolo e quanto sia importante: anche durante i rituali ci sono parti dedicate al controllo del respiro. La parte fisica dello yoga, le posizioni, sono più attraenti e non presentano rischi, così oggi molti con yoga intendono una serie di esercizi fisici, ma yoga significa “un mezzo per essere unito al Creatore o a Dio”, cosa impossibile se la mente è irrequieta a causa di un respiro irregolare.

Nel libro riporta pratiche di invocazione al sole.

Nella tradizione, l’invocazione al sole è qualcosa da compiere quotidianamente all’alba, a mezzogiorno e al tramonto. Si contempla il sorgere del sole all’orizzonte per andare al di là del sole, per superare i limiti fisici, per interrogarci su che cosa c’è al di là del sole. Il sole è una porta per indirizzare la mente verso l’assoluto. Questo tipo di rituale è adatto a tutti.

Che suggerimenti darebbe a una persona che vuole iniziare la pratica yoga?

Intanto vorrei saperne il motivo. Se cerca un beneficio fisico, non ho nulla da dire. Se invece desidera un cammino spirituale, dovrebbe analizzare con attenzione le caratteristiche degli insegnamenti proposti e non limitarsi a valutare solo agli aspetti fisici. Nella tradizione Indiana, la cosa migliore che un insegnante ci può dare è la comprensione della nostra vera natura e la comprensione del divino. Va verificato se un insegnante è aperto a questi aspetti, se il suo percorso va oltre le asana, se dà spazio al Pranayama e alla contemplazione. Che sappia condurre la persona a una riflessione sulla propria vita, su che cosa è buono, su cosa può fare per progredire.

E la sensibilità dell’insegnante?

Sicuramente dovrebbe essere qualcuno che ci permette di comprendere e cambiare le nostre abitudini riducendo quelle negative. Qualcuno che ci apra al silenzio, senza parlare dell’importanza del silenzio per un’ora. Il silenzio della mente non è un aspetto opzionale, è fondamentale, è un elemento spirituale, è il minimo che si può chiedere a un insegnante.

Suo padre aveva la reputazione di essere un insegnante molto severo, ma il ricordo che emerge dal suo libro è diverso.

Questa è l’immagine pubblica, ma era mio padre, era amore. Esigeva disciplina, ma è difficile apprendere senza disciplina. Era un uomo di principi, ma l’unica punizione che ricevevo era l’essere escluso per quel giorno dalla sua lezione. Normalmente noi fratelli praticavamo a casa da soli e lui ci correggeva, ma una o due volte alla settimana potevano assistere alle sue sessioni.

È stato difficile venire in Europa e insegnare a studenti occidentali, così lontani dalla cultura indiana?

No, perché ero abituato agli Europei che venivano in India, mio padre è stato tra i primi a insegnare agli Occidentali. Gli Europei fanno molte domande, non sono timidi nel chiedere, vogliono sapere, si aspettano una risposta. Gli Indiani non si permetterebbero mai di chiedere a un maestro, aspettano che sia il maestro a decidere quando dare un certo insegnamento.

Quali altre differenze trova nella mentalità occidentale?

In generale, in India la famiglia è più allargata e più unita da valori comuni e i genitori sentono il dovere di trasmettere questi valori ai figli. In Europa, sembra che sia andata persa o si sia rotta una catena di trasmissione del passato.

 

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